venerdì, ottobre 19, 2007

Due chili di software, prego

Spesso, parlando con i commerciali o con chi non ha mai scritto niente di più complicato di un paio di tag html e/o funzioncine in ASP, mi piomba addosso una desolazione preoccupante. Mi sembra che la loro presunzione di "pensare" le soluzioni sia direttamente proporzionale alla loro incompetenza. Quando parlano sembra tutto facile e immediato perchè, nella loro fervida mente, è sufficiente "dire al computer cosa fare". Con buona pace della teoria degli algoritmi, del calcolo computazionale, dell'esperienza derivante da anni e anni a spaccare il bit e via dicendo. "Dire al computer cosa fare", per loro, è la cosa più semplice e, quindi, noi programmatori siamo solo dei volgari manovali che conoscono "la lingua" (non dicono nemmeno linguaggio, a volte). Frustrante. Tutto questo pressapochismo, questo "ordinare il software un tanto al chilo", questo "basta chiederlo a un ragazzino che smanetta un po'con il Visual Basic" (bisognerebbe renderlo fuorilegge, il VB!), questo dire che "scrivere il codice è l'ultimo dei problemi e lo può fare chiunque" eccetera, oltre che a rovinare il fegato dei programmatori (come il mio, già preda del nimesulide), svilisce costantemente una professione che dovrebbe avere una dignità molto elevata, poichè richiede conoscenze e competenze non banali. Per questo motivo, l'"ordinare due chili e mezzo di software e se fa un po' di più lasci pure" è intollerabile. Ma succede praticamente sempre. Con buona pace di chi l'informatica vorrebbe viverla veramente come una professione e non come un hobby.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ascolta: concordo pienamente con le tue considerazioni: però forse è arrivato il momento di fare le scarpe a questi commerciali o no?
Per loro sarà impossibile arrivare a comprendere i dettagli implementativi di un software , ma per noi fare il commerciale sarebbe così complicato?

Alla nostra frustrazione c'e solo un rimedio. Mettersi in proprio e fare da se.
Ciao.

Anonimo ha detto...

Il programmatore non viene considerato perchè cio' che dice è troppo complicato... è anni luce di distanza dalla semplice forma mentale della gente comune.
L'italia è zero in quanto a cultura informatica è questo implica la mente di uno sviluppatore software non potrà mai essere considerata per il suo vero valore, ma non perchè c'e l'hanno con noi ma perchè non riescono a vedere, hanno un limite cognitivo.......... Impariamo a fare anche i commerciali. Ciao.

AnimaKonfusa ha detto...

Quello che dici è giustissimo: l'Italia è a zero, in fatto di cultura informatica. Questo settore è stato disintegrato da una gestione malata che ha portato chiunque a farvi parte. Dal momento che offriva molte opportunità di lavoro, tra gli '80 e i '90, chiunque si è sentito in diritto di ritenersi un professionista IT. Se uno si alzava dal letto con quest'idea, si battezzava informatico e iniziava a vendersi sul mercato, schiacciando le tariffe verso il basso. Tornando ai commerciali: sarebbe bello metterli da parte, o perlomeno renderli un po' più innocui. Solo che non riesco a trovare un modo: sono troppo valutati dalle imprese. Idee?

Anonimo ha detto...

L'unica cosa che mi viene in mente è mettersi in proprio è fare le scarpe alle imprese fatte di commerciali.
Un freelance da solo puo' fare poco ma l'unione di tanti liberi professionista puo' fare la differenza.
La mia idea è quella di realizzare un network, una piattaforma web based attraverso la quale essere in grado di gestire e coordinare team di sviluppo costituiti da tanti freelance.
Creare pertanto una rete che permetta la cooperazione tra cellule di eccellenza e avere cosi la possibilità di inserirsi in progetti di medio-grandi dimensioni.
Dal 2000 noi programmatori abbiamo trainato l'economia IT, abbiamo fatto avviare e arrichire le aziende. E' ora di riprenderci il merito e soldi, ma non con l'open-source. Anche se l'idea è ottima vista da un punto di vista del programmatore, l'open-source non è un modello auto-sostenibile ed esiste solo perchè grandi aziende finanziano i relativi progetti.
Siamo in un economia di mercato e bisogna comportarsi di conseguenza.
Abbiamo una marcia in più, dobbiamo diventare tutti imprenditori di noi stessi e le aziende attuali non avranno scampo.