sabato, dicembre 30, 2006

Saddam: the end


Sono le ultime ore di vita di Saddam Hussein. Poi, il "grande nemico dell'Occidente", il grande e sanguinario dittatore penzolerà dalla forca. Lui, il rais. Quello che doveva avere le armi di sterminio sotto il letto. Quello che fu catturato con il barbone dentro un buco sotterraneo. Quello i cui figli sono stati ammazzati ed esposti come due manichini lucidati a nuovo. Quello di un processo inspiegabilmente a senso unico e pilotato dagli occupanti statunitensi.
Da sempre fermamente contrario alla guerra in Iraq, osservo con sgomento questa soluzione finale. Si uccide il dittatore e lo si fa martire.
Sposo in pieno le parole di Marco Pannella:
"Senza l'esecuzione, magari con la sua sospensione, Saddam avrebbe dovuto rispondere ad altri processi, più gravi di quello, sospetto e iniquo, che gli è stato fatto.
Senza l'esecuzione voluta da Washington, da Bush, si sarebbe potuto ancora ascoltare dalla difesa di Saddam storie e storia, in primo luogo quelle delle complicità 'insospettabili' delle quali il dittatore poté godere o dalle quali è stato istigato e armato. In tal modo si regala un martire al terrorismo internazionale. Ma si chiude la bocca al complice".
Brutta storia, questa dell'Iraq. Veramente da vomito. Perchè tutta questa fretta? Perchè questo processo-farsa? Perchè far fuori Saddam Hussein così?
Dittatore, certo. Responsabile di crimini gravissimi, certo. Una bestia sanguinaria. Ma noi non dovremmo essere diversi? Noi non dovremmo fare veramente giustizia? E' giustizia togliere la vita ad un uomo ormai sconfitto e pertanto fonte di tante altre informazioni? Non piangerò certo Saddam. Ma vorrei vederci chiaro. L'Iraq avrebbe bisogno di ben altro che dare una morte che ne chiamerà tante altre.

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