giovedì, maggio 31, 2007

AntiQuestiPolitici


Faccio difficoltà a commentare i risultati delle ultime elezioni amministrative. Posto che nel mio Comune si va al ballottaggio e che i giochi sono ancora aperti, è evidente che quanto è successo sia una sonora sberla al centrosinistra che da un anno governa anche a livello nazionale. Il Nord ha punito fortemente tutti i suoi candidati ed è inevitabile fare riferimenti a Prodi e gli altri. Al di là della semplica evidenza che chi governa viene tendenzialmente punito a tutte le consultazioni di "mid-term" (anche se, mi chiedo, ciò non succederebbe se governasse bene) siamo decisamente ad un punto di rottura. Il governo Prodi è già bollito. Diciamo pure che è nato bollito, causa il "porcellum" di Calderoli e/o altre cose strane (perchè nessuno ha preso sul serio Deaglio?). Ma se un anno fa l'aver battuto Berlusconi per un pugno di voti costituiva comunque una mezza spinta a governare, oggi ogni entusiasmo si è spento. Finito. Lo testimoniano le manovre dei singoli partiti, dediti solo a definire i tatticismi del dopo-Prodi: l'irrequietezza di Mastella, la nascita di Sinistra Democratica, il cantiere del Partito Democratico, la ricollocazione dell'Udc, i fermenti nella Lega, i proclami di Montezemolo e via dicendo.
Quest'esperienza, che dalla Fabbrica del Programma di Bologna in poi doveva portare a un'Italia nuova, libera da Berlusconi e propulsiva per il rilancio del sistema Paese, è morta sulla culla.
Perchè? Beh... è evidente che il tutto sia legato al Senato, dove il governo Prodi ha il terrore di andare in minoranza ogni volta che porta qualche legge, anche la più innocua. Per cui, per galleggiare, per non dover tornare al Quirinale, l'esecutivo evita ogni rischio. E' una sorta di equilibrismo che, pur mantenendo in piedi questa maggioranza, di fatto la blocca in ogni scelta e la priva di qualsiasi spinta. Il programma dell'Unione, quello di 281 pagine, non sarà quindi mai realizzato. Punto.
Eppure, qualcosa è stato fatto, all'inizio: le liberalizzazioni di Bersani sembravano un buon punto di partenza per modernizzare questa nazione, incatenata dai mille privilegi delle lobbies. Sembrava una svolta epocale. Poi, per paura di pestare troppi piedi, le liberalizzazioni in realtà stanno oggi molto più sulla carta che nei fatti.
Altro argomento positivo, il risanamento (mortificato oggi da quella parola da fumetto, il "tesoretto", che ridicolizza ogni risultato) che si è di fatto avviato. Merito di Prodi, di Padoa-Schioppa e, forse maggiormente, della congiuntura internazionale. Risanamento ottenuto con una legge finanziaria difficile, dura: una finanziaria che la gente ha percepito come ennesima violenza alle proprie tasche. E, se Prodi se ne andrà presto, non ci sarà il tempo per fare qualcosa che compensi la percezione di quella finanziaria ed il suo governo, più che per il risanamento, sarà facile bersaglio per i berluscones che lo chiameranno, ancora una volta, "il governo delle tasse".
Vuoi mettere la faciloneria di bilancio di un Tremonti, che già scalpita per tornare all'economia al fine di papparsi tutto quello che è stato aggiustato in questi mesi?
Tornando agli eventi, qualcosa si frantuma definitivamente a Febbraio di quest'anno, quando il governo si dimette (per poi avere il rinvio alle Camere) dopo la faccenda del voto sull'Afghanistan (ringraziamo ancora Rossi e Turigliatto): Prodi capisce che non può governare, svegliandosi dall'illusione che si era regalato. E inizia il vivacchiare, l'animazione sospesa dell'esecutivo.
Pensando a quello che non è stato fatto e che non si farà c'è da rabbrividire: la legge Biagi è ancora lì, con i sindacati che non strepitano più ma sembrano considerarla un dato di fatto; il conflitto di interessi non è stato risolto; non sono stati presi dei provvedimenti che liberino la Rai dall'influenza dei partiti e nemmeno esiste ora una riforma del sistema televisivo che superi l'infame legge Gasparri. Per non parlare del sistema giudiziario in toto, di cui nessuno si è più occupato. O della famigerata legge 40 del 2004 sulla procreazione assistita che, fallito il referendum, ancora è la spina nel fianco di tante coppie italiane.
Insomma, tutti i nodi che hanno fatto indignare metà degli italiani per cinque anni sono ancora lì. E lo saranno al ritorno di Berlusconi. Lui, che tornerà con una legge elettorale seria che non lo metterà nello stesso pantano di Prodi, un pantano che si chiama ingovernabilità.


Ecco perchè alle amministrative il centrosinistra perde: perchè ha deluso, perchè non riesce a governare, perchè Calderoli lo ha strangolato nella culla quando è tornato al governo. Perchè, poi, i suoi rappresentati dovrebbero seriamente pensare a far qualcos'altro, nella vita. Più che antipolitici, bisognerebbe diventare antiquestipolitici.

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