giovedì, luglio 05, 2007

Un ricordo per Bertoli


Chissà perchè lo si ricorda sempre poco. Io stesso, faccio ammenda, quando mi trovo a selezionare brani d'autore per i miei spazi radiofonici, di rado rispolvero le sue canzoni.
Eppure Pierangelo Bertoli è stato un grande artista, dotato anche di un dono che pochi altri possiedono: la coerenza. La forza dei suoi testi e la caparbietà delle sue idee sono sempre state due aspetti nettamente delineati in tutta la sua produzione.
Aveva un caratteraccio, Bertoli. Non era uomo che le mandava a dire e odiava sentirsi commiserare per la sua condizione, per il fatto di starsene in sedia a rotelle.
Era rude, rude come solo un certo tipo di emiliani sanno essere. Era contro le guerre, contro i soprusi, contro i preti e i poteri costituiti. Contro un sacco di cose, con coerenza, onestà e umiltà. Per questo lo ammiravo: affrontava la vita "a muso duro", come diceva lui.
Ho avuto l'onore di intervistarlo, nel lontanissimo 1991, poco prima della sua partecipazione a Sanremo con i Tazenda. C'era la prima guerra in Iraq e in quell'intervista parlammo gran poco di musica e molto di politica estera. Uno spasso.
Ho anche un altro ricordo, del 1989. Avevo assistito ad un concerto di Bertoli in un teatro e, al termine, mi fermai ad ascoltare le sue chiacchiere con il pubblico. Quando uno gli chiese se avesse notato qualcuno in giro che fosse di belle speranza per la musica, Bertoli parlò di un ragazzo di Correggio, un certo Luciano, che gli aveva scritto un paio di canzoni per gli ultimi due album. "Per me è bravo" - disse. Era, naturalmente, Ligabue che, l'anno dopo, ottenne il meritato successo.
Pochi, infatti, lo sanno: Ligabue deve molto anche a Pierangelo Bertoli, con quale aveva un rapporto, se non di amicizia, di grande stima. Mi piacerebbe che Luciano, prima o poi, rendesse omaggio a questo cantautore-combattente che, specie di questi tempi, potrebbe ancora raccontarci la sua. Incazzandosi, naturalmente.

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